sabato 29 giugno 2013

Plakas, un porto senza case e senza diporto


Mi sono sempre piaciute le frontiere, i posti di confine, hanno quel sapore vago di fine del mondo conosciuto, guardi al di là e ti immagini chissà cosa di misterioso ed esotico. Un'estate del liceo, con tre amici partimmo in  autostop per Capo Nord, estremo lembo settentrionale d'Europa, quando arrivammo, stanchi ed infreddoliti, ci sembrò di essere sospesi fra il presente ed una dimensione extratemporale cui il sole di mezzanotte conferiva un atmosfera di tramonto infinito. Ricordo poi alcune frontiere miltarizzate, come quella fra la Cina ed Hong Kong, o fra la Croazia e la Serbia negli anni '90, controlli doganali lunghi ed estenuanti, funzionari scortesi, ma l'impressione era che si stesse pagando il dovuto dazio per andare di là, andare oltre, dove solo pochi erano ammessi. Oggi l'Unione Europea ha abbattuto le frontiere, il clima disteso con molti altre nazioni ha eliminato i visti e la burocrazia, la frontiera sopravvive come luogo ideale, una cesura fra due mondi in permanente fusione osmotica seppur ciascuno con una vita propria.

Sono arrivato un po' per caso a Ormos Plakas, sulla costa orientale di Limnos. Volevo spezzare le miglia che mi rimangono per entrare nei Dardanelli, avevo bisogno di un posto per passare la notte e date le condizioni meteo quest'ampia baia poco profonda mi è sembrata adatta. Due bracci di molo, due linee di frangiflutti, compongono un piccolo porticciolo di pescherecci. E' un posto strano, non ha un paese alle sue spalle, solo due case bianche su una collina, poi intorno nient'altro che campagna. La costa Turca, con la piccola isola di Goekceada è a sole 12 miglia, un tiro di schioppo praticamente, e per la prima volta nella mia vita, sono in un porto dove non ci sono altre imbarcazioni da diporto. Incredibile questa Grecia, la sorpresa, l'emozione, sono sempre lì ad attenderti, anche quando non le cerchi. Sì, è un posto di confine, lungo la strada sterrata corre perfino una fila di pali della luce, o telefonici non so, che danno un'aria da frontiera americana, una trasposizione nel tempo e nello spazio di quanto descritto magistralmente da tanti scrittori d'oltre oceano, Steinbeck prima di tutti.

Chissà che emozione doveva essere andar per mare quando tutto il Mediterraneo era così, quando il turismo di massa non aveva ancora devastato i tanti piccoli borghi sulla costa, preziose gemme che non hanno retto tanta pressione antropica; quando anche Stintino o Maratea erano come Plakas, isole di pace, luoghi di riparo per i pescatori locali ed i rari naviganti di passaggio. Qualcuno gli spieghi che hanno venduto l'anima per un pugno di spicci che in molti casi si esauriscono nel giro di un paio di generazioni, lasciando ai posteri il fardello di un territorio distrutto per sempre ed un'identita storica cancellata da un finto progresso.

Entro dentro il porto, un tizio in banchina mi indica a gesti dove ormeggiarmi, ma l'ecoscandaglio mi da 2,1 metri, temo che avvicinarmi ancora possa essere pericoloso, rischio di toccare sul fondo. Provo a mettermi fuori dal porto, ridossato comunque dai frangiflutti, un'altro tizio mi fa segno di non avvicinarmi troppo alla costa, guardo di nuovo l'ecoscandaglio, 1,9 metri, lo ringrazio e ingrano la retromarcia. Do fondo 50 metri oltre, vicino ad un piccolo peschereccio, l'uomo a bordo mi indica col dito un punto sicuro, poi in un inglese discreto mi chiede dove vado e da dove vengo. Quest'anno il tempo è buono, mi fa, alludendo evidentemente al Meltemi non ancora in regime estivo. Ovunque vada trovo cordialità, gentilezza, non mi sono mai sentito una preda da spolpare, come invece avviene in tanti altri paesi del mondo, l'Italia per prima.


Non ci sono rumori, solo ogni tanto il rombo lontano di un'auto che fugge via alzando una nuvola di polvere, la piccola spiaggia che divide il mare dalla campagna brulla e deserta è ricoperta di posidonia morta, poco più in là, all'ombra di alcuni eucalipti, un piccolo stormo di gabbiani si gode il riposo di fine giornata. Voglio imitarli, domani voglio essere riposato per affrontare le miglia che mi rimangono per entrare in Turchia ma soprattutto essere fresco per i Dardanelli, un passaggio che può creare non poche difficoltà ad una piccola barca, per le forti correnti contrarie e per l'intenso traffico di grandi navi. Intanto preparo la bandiera della Turchia per alzarla nel momento in cui entrerò nelle acque territoriali di quel paese. Il confine è là, poco oltre il faro, domani attraverserò la frontiera, domani sarò oltre il confine.






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