martedì 17 settembre 2013

Arrivederci Egeo


La notte è di quelle che fanno sognare, la brezza leggera increspa appena la superficie del mare e spinge Piazza Grande a poco meno di quattro nodi, non molto ma abbastanza per andare, a patto di non avere fretta e io non ne ho. Non fa freddo e non c'è umidità, all'orizzonte scorgo la sagoma scura di Idra, l'isola verso cui è puntata la mia prora, attorno a me le luci di via di un paio di mercantili ed a ovest un leggero baiore a marcare il punto dove il sole è calato giù fino a scomparire. Per il resto solo buio e silenzio e stelle, tante, come in città non capiterebbe mai di vedere. Lo so, avevo scritto che da Milos mi sarei diretto verso sud per girare attorno al Peloponneso e poi risalire lo Ionio, invece ho avuto un cambio di programma improvviso ed eccomi qua, nel cuore della notte, da solo, diretto ad Atene facendo un paio di tappe, c'è da andare a prendere Tommaso, non ha molti giorni, mi ha chiesto di avvicinarmi e lo sto facendo. Come si fa a dire di no ad un figlio che vuole salire a bordo?
 
Insediamenti industriali nei pressi di Corinto
Sono in mare dalle nove di stamattina, un po' di vela, parecchio motore, ma tanto se ci fosse vento sarebbe da nord, quindi meglio così fa anche bene alle batterie, queste benedette batterie che da mesi non mi danno pace. Controllo ancora una volta carta nautica e portolano, ci sono un paio di rade sul lato sud dell'isola che farebbero al caso mio, ottime per  riposare qualche ora, ma si trovano a ridosso di scogliere a picco, l'accosto va fatto con estrema cautela. Mi avvicino alla prima, il mio piano A, non c'è luna perciò è buio pesto, avanzo col motore al minimo mentre da prua con la torcia  alogena cerco di illuminare gli scogli per indovinarne la distanza esatta. Torno a poppa e metto il motore in folle, sono troppo vicino e ho ancora quindici metri di fondo, troppi per calare l'ancora senza le certezze date dalla visione diurna della situazione e oltre tutto nel palese errore della cartografia che mi dava quattro metri di profondità già a cento metri dalla riva. Giro la prua verso l'altra cala, il mio piano B, poco più di un miglio, un quarto d'ora che non mi cambierà certo  la vita. Mi avvicino con la stessa cautela, in fondo intravedo una luce: una barca o un allevamento ittico? Mentre cerco di capire, vedo una luce alzarsi ed illuminare ripetutamente la scogliera, scandagliandola in alto ed in basso. Forse qualcuno sta tentando di dirmi qualcosa, di mettermi in guardia dall'avvicinarmi troppo. Nel dubbio mi allontano, parte il piano C, quello che prevede un'altra ora di navigazione per spostarmi sul lato ovest di Idra, dove la baia, almeno sulla carta, sembra molto più ampia di queste che ho appena visitato, tanto dopo un po' la stanchezza non si sente più, dormirò quando si potrà. Avanzo ancora una volta col motore al minimo, scrutando ovunque, la baia è profonda, devo addentrarmi molto per trovare il fondale adeguato, ma ci sono due luci lampeggianti, cosa saranno? Illumino ripetutamente con la torcia, ma ho paura di avvicinarmi troppo, sembrano due piccoli pescherecci alla fonda, ma perchè luci intermittenti, fuori ordinanza secondo il codice internazionale di navigazione? Alla fine trovo il punto di equilibrio, la giusta distanza fra le due luci, che ormai pare assodato che siano barche e non allevamenti, calo circa trenta metri di catena su un fondo di sette, controllo che l'ancora abbia aguantato come si deve, poi, finalmente, me ne vado in cuccetta, sono le tre, diciotto ore di navigazione, per quanto tranquilla, rendono stanchi.
 

Acqua cristallina vicino il faro di Melangavi
Mi sveglio che il sole è già alto, carico la moka e mentre il caffè è sul fuoco mi stiracchio per destarmi del tutto. Guardo fuori dal tambuccio, tutto calmo, le barche con le luci "strane" sono salpate, riassetto un po' la barca e mi metto in navigazione anch'io. Avanzo per un'oretta a motore costeggiando tutto il lato meridionale di Idra, poi, appena doppio l'estremità orientale aggancio un vento leggero che mi permette di dare vela. Relax totale, mare tranquillo, trascino tutto il giorno una traina infruttuosa, poi nel tardo pomeriggio mi avvicino all'isola di Egina dove ero già passato a giugno. Si è alzato il vento ed io sono di fronte ad un dubbio amletico: dare fondo sul lato est dell'isola, confidando che tutto si calmerà nel giro di poche ore, o spostarmi sul lato ovest con la prospettiva di un nuovo atterraggio notturno? Me la gioco, mi avvicino alla riva il più possibile e calo l'ancora, iniziando una danza a ritmo sostenuto che mi fa temere una notte insonne. Mi faccio una doccia che richiede l'abilità di un giocoliere da circo, poi, per fortuna, il mio presagio si avvera, il beccheggio diminuisce e dopo cena mi gusto una birra in pozzetto guardando le luci sulla costa, la risacca terribile di poche ore fa è solo un ricordo.
 
Atene vista dal mare
Alle nove del mattino, mi metto in rotta per Atene in uno scenario incredibile di calma assoluta. Non c'è un alito di vento, il cielo è grigio ed il mare liscio come l'olio. Tommaso arriverà nel primo pomeriggio, sono poche le miglia che ho da fare, per cui metto il motore al minimo ed avanzo in tutta lentezza, disturbato appena da qualche goccia di pioggia che stenta a cadere. Quando sono nei pressi, la sagoma lontana del Partenone si confonde fra la foschia e lo smog. L'appuntamento è al marina di Kalamaki, ma non ho intenzione di pagare la sosta quindi mi ancoro davanti all'ingresso e do a Tommaso instruzioni telefoniche di prepararsi a saltare a bordo. Quando scocca l'ora X entro dentro, mi accosto ad un tratto di banchina libero, Tommaso lancia in coperta la sua valigia, poi grazie all'agilità dei suoi diciott'anni con un balzo scavalca la battagliola ed è in coperta anche lui. Ingrano la retro, mi allontano un po' dal molo, poi lascio il timone e finalmente possiamo abbracciarci dopo tanto tempo. Terminati i saluti, scappiamo via da quest'acqua sporca e da quest'aria fetida. Sì, Atene non è un posto salubre, la maggior parte delle industrie greche è concentrata da queste parti, normale, o meglio, ovvio, l'inquinamento che ne consegue. Passeremo la notte a Salamina, l'isola della famosa battaglia del 480 a.c. dove i greci le suonarono di santa ragione ai persiani. Il panorama è cambiato parecchio da allora, Salamina è una località turistica rinomata, frequentata soprattutto da ateniesi, tante infatti le case di villeggiatura, villette adagiate sulla scogliera, sfregi permanenti per un uso limitato a poche settimane l'anno. E' il terribile mito della seconda casa che tanto ha devastato anche le coste di casa nostra, figlio degenere del benessere economico, dello sviluppo senza progresso, come diceva Pasolini
 
Nave a rimorchio per passare il Canale di Corinto
Salpiamo di buon ora, conto di fare il Canale di Corinto e tornare di là, dall'altro lato, lasciare definitivamente l'Egeo, il regno del Meltemi, il temibile mostro con cui ho convissuto per quasi tre mesi. Quando siamo nei pressi chiamo via radio l'autorità che lo gestisce, poi mi accosto alla banchina per andare a pagare i diritti di transito. Dobbiamo attendere quasi un'ora, una grossa nave sta attraversando in senso contrario aiutata da due rimorchiatori. Piazza Grande, go inside, keep maximum speed, arriva sul VHF il segnale che attendevamo, l'ok al transito, con il solito gutturale accento dei greci quando parlano inglese. Attraversare il Canale di Corinto è veramente emozionante, anche se ormai mi sento quasi un veterano. Lascio il timone a Tommaso che imperturbabile conduce la barca, è ancora in mutande, dice che tanto scialla, non si vede che non è un costume, forse è il primo timoniere della storia ad aver fatto il canale in mutande. Ma sì, scialla! Dopo tre miglia attraverso questa rocca tagliata come fosse un panetto di burro, un sole basso ci accoglie, quasi un bentornato a casa, anche se da casa mi separano ancora centinaia di miglia e parecchie settimane di navigazione. Ci fermiamo per la notte poco dopo il faro di Melangavi, un posto bellissimo dove mi sono già fermato all'andata. Cerchiamo un posto buon per l'ancoraggio, ma sotto un sottile strato di sabbia c'è la roccia, è assolutamente insicuro passarci la notte. Prendo allora maschera e pinne, vado in acqua, gironzolo un po', poi ecco quello che cercavo, un robusto scoglio con un buco. Prendo uno spezzone di catena, ce lo passo dentro, lo chiudo con un grillo d'acciaio, ci passo una cima robusta ed ecco qua, Piazza Grande ormeggiata ad un corpo morto fai da te, anzi stramorto che più morto non si può. Cala il sole ed l'atmosfera è veramente incantevole, siamo ovviamente l'unica barca, dico ovviamente perchè di gente disposta ad ancorarsi in questo modo non ce n'è molta, per fortuna, aggiungo io. Ci stappiamo una birra e festeggiamo i miei 100 giorni di mare. Cento giorni dalla partenza da Roma, cento giorni a bordo, cento giorni di navigazione, di vela, di sogno realizzato.
 

Corpo stramorto
La mattina dopo ce ne andiamo alle isole Alkionidhes, un piccolissimo argipelago di piccolissime isole, sembrano interessanti, pare ci siano i resti di un vecchio monastero. Mentre percorriamo le poche miglia che abbiamo da fare, il mulinello della traina prende a frullare all'impazzata, metto il motore in folle ed inizio un lento recupero con la canna tutta piegata. Tommaso ha gli occhi che gli brillano, ieri sera ha sparato ad un pesce perdendolo nel recupero e spera ora di rifarsi, probabilmente nella sua testa si è accesa la lucetta del carpaccio di tonno. A dirla tutta, s'è accesa anche la mia, ma entrambe si spengono a due metri dalla poppa, quando improvvisamente, dopo che la sagoma di un bel tonno di almeno sei o sette chili è apparsa in tutta la sua maestosità blu e argento, il filo di nailon si strappa e noi restiamo a bocca asciutta. Che rabbia!
 
Attenzione!
Altri venti minuti e siamo sul posto, vedo una bella baia, piuttosto ampia, dovremo però girare intorno ad un isolotto per arrivarci, il mare fra noi e lei, secondo il portolano, è profondo meno di un metro. Io però non ci credo, guardo quel mare e mi sembra ben più di un metro e poi sono ancora memore della secca pericolosa segnalata davanti ad Ayvalik, in Turchia, le cui coordinate erano su una montagna nel mezzo dell'Anatolia. Mando Tommaso a prua di vedetta ed avanzo al minimo con un occhio fisso sull'ecoscandaglio. Tre metri, due e mezzo, due.... brivido, ma il mare è fermo, si vede perfettamente quello che c'è sotto, un minuto e siamo oltre il pericolo, pronti a dare ancora su un ben più rassicurante fondo di circa sei metri. C'è già una barca alla fonda, a bordo una coppia di mezza età, mi chiedono il pescaggio di Piazza Grande, poi si complimentano con me per il passaggio appena fatto. Da dove venite, gli chiedo? Dal Canada. Beh, allora i complimenti vanno fatti a voi, aggiungo, al vostro confronto sono solo un dilettante. Mi invitano a bordo, chiacchieriamo a lungo, la loro barca è piccola e piuttosto spartana. Trasecolo quando mi dicono che hanno solo duecento litri d'acqua a bordo e che la stessa è quella che bevono. Incredibile, una traversata oceanica di due settimane con 200 litri d'acqua, praticamente due docce di uno qualunque dei miei figli! Poco dopo arriva un'altra barca, sono dei francesi loro amici, una famiglia con due bambini in età scolare. I genitori gli fanno scuola a bordo e i ragazzi sono contentissimi così, sono molto spigliati e socievoli, gli basta un attimo per stringere amicizia. No, non mi convince la scelta pedagogica, la socievolezza in questo caso è una strategia di sopravvivenza, non hanno il tempo di ponderare la scelta delle loro relazioni e se è indubbio che cresceranno con una straordinaria capacità di relazionarsi anche con sconosicuti, è altresì vero che diventeranno grandi senza aver sperimentato un rapporto durevole e senza aver vissuto alcuna dinamica di gruppo.
 

I canadesi giramondo
Racconto a Michel, così si chiama il canadese, dei miei problemi con le batteria, mi da qualche consiglio, prove varie da fare per individuare il problema. La mattina dopo mi armo di tester, faccio queste prove ma non scopro nulla di strano. Lo chiamo, viene a bordo e si mette a trafficare anche lui. Ok, dice Michel, proviamo a vedere quanto carica l'alternatore, metti in moto. Provo, ma il motore non parte. Riprovo, niente. E che cavolo, uno cerca di risolvere un problema e ne esce un altro! Dieci minuti buoni a tentare di avviare, a controllare contatti elettrici, circuito nafta, pulizia filtri, poi... magari è un'idea sciocca, ma non è che per caso hai la levetta dello spegnimento alzata? Può essere mai? Sì che può essere, anzi è! Michel, ti prego di scusarmi per averti fatto perdere tempo per una sbatataggine mia! Lui sorride e mi fa: è successo anche a me, apposta m'è venuto in mente! Adoro i giramondo, sono persone di straordinaria generosità, sempre pronte a prodigarsi per il prossimo, per nulla spocchiose, al contrario di certi marinai da banchina o, peggio, da tastiera, capaci solo di bacchettare o deridere gli errori altrui, spesso per altro senza nemmeno essere realmente capaci di fare meglio. Nel frattempo Tommaso è tornato dal suo giro di pesca, saluto e ringrazio di nuovo i canadesi e ce ne torniamo vicino al faro per passare la notte, in modo da avere poche miglia da fare domattina quando dovremo tornare a Corinto città. Ci sistemiamo, ma verso sera si alza una risacca piuttosto antipatica che fa rollare parecchio Piazza Grande. E se ci spostassimo a Corinto adesso? Lo diciamo praticamente allo stesso momento, in un attimo recupero l'ancora e Tommaso si mette al timone. Sono le dieci di sera, in meno di due ore ci saremo, magari ci metteremo alla fonda, il porto di Corinto è piccolo e pieno di cime e corpi morti, entrarci col buio potrebbe creare problemi. Tommaso è contento di questa esperienza di navigazione notturna, si mette a cantare, canto anch'io, cantiamo insieme, sempre più forte, a squarciagola, forse stecchiamo un po', ma che ci importa, scialla! A mezzanotte, in una baia rischiarata dall'illuminazione cittadina, caliamo l'ancora, nella quiete, nella serenità. Domani Tommaso torna a casa, ricomincia la scuola, con lui ho iniziato a tornare a casa anch'io, la mia strada, però, è ancora lunga.

8 commenti:

  1. Mitico Luciano.
    Da quando sei partito, oltre 100 giorni fa, hai iniziato a scrivere in modo diverso, ti vedo diverso, con il mare negli occhi e le esperienze, belle e brutte, vissute a farti compagnia.

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  2. Eccome se si percepisce il cambiamento! In meglio naturalmente, anche se ad onor del vero le basi di partenza erano ottime :)
    Incomincio ad avere un po' di malinconia, sapendoti sulla via del ritorno: sta finendo questa estate anche per me (poco) velista e per giunta stanziale...sento già che mi mancheranno i post tuoi e degli altri blog che seguo.
    B.V. Capitano

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  3. Complimenti Luciano e Buon vento, sempre!

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  4. felice di aver condiviso con te quei giorni staccando, finalmente, la mente dallo studio estivo e felicissimo di averti rivisto dopo tempo quasi immemorabile. Inoltre ti auguro di pescare nei prossimi giorni un pesce grande come minimo la somma di tutti quelli che abbiamo sfortunatamente perso.
    Torna presto che ricomincia a mancare.
    Tommaso

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  5. felice di aver condiviso quei giorni con te staccando, finalmente, la mente dallo sfrenato studio estivo e soprattutto felicissimo di averti rivisto da tempo quasi immemore. Inoltre ti auguro di pescare un pesce grande come minimo quanto la somma di tutti quelli sfortunatamente persi.
    Torna presto che qui manchi. Un bacio da casa
    Tommaso

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