giovedì 26 settembre 2013

Il Mar Ionio, insomma


Una delle cose belle di una lunga traversata a vela è l'imperscrutabilità dell'orario di arrivo. Generalmente quando si parte per un viaggio, lungo o corto che sia ed indipendentemente dal mezzo con cui ci si muove, si tara l'orario di partenza valutando la congruità di quello di arrivo. Ecco quindi che mille chilometri in macchina si affronteranno con una partenza in ore antelucane in modo di 300 miglia di mare, invece, non consentono calcoli, neanche con precisione spannometrica, potrebbero essere due giorni, come tre, o anche quattro, o addirittura condurre a rinuncia e rientro alla base di partenza in caso di condizioni meteo avverse. Si può partire quindi a qualunque ora, nel momento che se ne ha voglia, con calma, senza sveglie mattutine, tanto un momento vale l'altro. In considerazione di ciò o forse in considerazione della mezza sbronza della sera prima, ci alziamo verso le nove, Andrea va a comprare un po' di pane fresco mentre io riassetto la barca, poi togliamo il fiocco olimpico dal rollafiocco e lo sostituiamo con il genova di dimensioni più abbondanti, poi, sempre perché di fretta non ce n'è, aiuto la coppia norvegese ormeggiata di fianco a noi nel porto di Kalamos ad eliminare un fastidioso cigolio sulla trozza del boma spruzzandogli uno dei mille prodotti che ho a bordo ed infine, quando è chiaro a tutti che di partire, di lasciare la Grecia, non abbiamo molta voglia, molliamo finalmente l'ormeggio.

Percorriamo le prime miglia a motore, c'è appena un filo di vento ed è di prua, secondo le previsioni dovrebbe aumentare in tarda mattinata poi, una volta oltrepassato lo Stretto di Cefalonia, dovremmo agganciare il vento buono, quello che ci porterà fino in Italia aumentando nelle prime 36 ore per poi calare leggermente in vista della costa calabra. Dovremmo (continuo ad usare il condizionale perché i bollettini meteo parlano di previsioni e non di certezze) navigare con un andatura fra il traverso e la bolina, forse monterà un po' di mare ma dovrebbe rimanere nei margini di gestibilità. Parlo ovviamente di vento da nord, fosse da sud sarebbe molto più problematico dato che il fetch, lo spazio di incidenza del vento sul mare, quello cioè che genera le onde, è infinitamente più lungo.
Insomma, se volete attraversare lo Ionio, che sia in un verso o nell'altro, fatelo con venti dai quadranti settentrionali.
 

Di bolina
Come da previsioni, in tarda mattinata si alza il vento e, come da previsioni, ce l'abbiamo sul muso, quindi zitti e mosca, si bordeggia. Il mare, dato che siamo ancora nello specchio acqueo protetto dall'arcipelago, non monta, quindi è una bolina divertente e abbastanza veloce. Di bordi, però dobbiamo farne parecchi, e per smarcarci se ne va quasi tutto il pomeriggio. Alle 18 doppiamo l'estremità nord di Cefalonia e finalmente ci mettiamo in rotta, agganciando il vento previsto e prendendo subito un bel passo a circa sei nodi su un mare appena increspato. Festeggiamo? Festeggiamo! Tiro fuori dal frigo la lampuga che ieri ha gentilmente abboccato alla traina, la sfiletto, la taglio a dadini, la condisco con olio, limone e grani di pepe e ce la gustiamo unitamente al primo tramonto di questa traversata. La bellissima cornice naturale invoglia a grandi dissertazioni filosofiche sul senso della vita e dopo un breve chiacchierare giungiamo entrambi alla conclusione che vela e lampuga sono un senso niente male. Forse se anziché due maschioni pelosi fossimo diversamente assortiti il senso sarebbe ancora migliore, ma accontentiamoci di vela e lampuga. Quando il sole cala oltre l'orizzonte faccio un giro di ispezione in coperta per prepararci alla notte ventura, recupero anche la lenza che trasciniamo infruttuosamente da ore, poi stabiliamo i turni di guardia e dato che il primo tocca ad Andrea mi sdraio e mi faccio un paio d'ore di sonno. Quando mi sveglio il vento è aumentato, il mare pure, rollo un po' di randa, l'equivalente di una mano di terzaroli, Piazza Grande ritrova il suo assetto diventando meno orziera e tutto è a posto. C'è la luna, grande, piena, navighiamo nella sua scia, nello scintillio del suo riflesso sulle onde, la coperta è quasi illuminata a giorno, oltre che spettacolare è anche molto comodo, giorni fa ho navigato in una notte nera come la pece, faticando molto per trovare una rada in cui dare ancora in sicurezza.
Insomma, la luna cambia la vita del navigante notturno.
 
Alba magica in mare aperto

Quando sorge il sole, assistiamo ad un'alba strepitosa, uno spettacolo mozzafiato fatto di rosso, di azzurro, di nuvole, di cielo e mare, solo mare, nient'altro che mare attorno a noi, per 360 gradi all'orizzonte. Immortalo l'attimo, sia con la macchina fotografica che con gli occhi, questo secondo scatto proverò a recuperarlo mentalmente ogni volta che mi troverò in fila nel traffico quando sarò rientrato a Roma. Nel traffico? Dimentico che prima di partire, quattro mesi fa, ho venduto la macchina! Finito lo show di madre natura, accendo il motore per ricaricare un po' le batterie e mi concentro sulla navigazione. Il vento è aumentato parecchio, è sui venticinque nodi, siamo di bolina anche se non stretta al massimo, ho ridotto ancora la randa e anche un po' di genova, abbiamo un assetto ottimo e Piazza Grande galoppa favolosamente a sette nodi. L'onda è lunga, come si conviene all'alto mare, spero non sia l'araldo che annuncia la burrasca dato che i frangenti non sono molti. Questi, però, arrivano a metà mattinata, ogni tanto qualcuno giunge proprio a domicilio e se non siamo lesti a rannicchiarci sotto lo sprayhood la doccia è assicurata. Ciò accade quando si incrociano due onde, la prima alza la prua e la seconda la colpisce quando si sta riabbassando, è divertente guardare gli spruzzi d'acqua correre in orizzontale sulla coperta spinti dal vento, molto meno divertente vederne arrivare qualche propaggine dal tambuccio, cosa che avviene purtroppo un paio di volte, per fortuna poca roba. Dopo un paio d'ore mi persuado che più di così il mare non monterà, non che sia poco, ma mi pare una situazione stabile ed in linea con le previsioni scaricate il giorno prima. Di più aggiornate non ne abbiamo, almeno non dettagliate come i Grib. Piccola parentesi tecnica: i Grib sono dei file compressi che si scaricano molto velocemente da Internet e si visualizzano con un software apposito, l'intera operazione è completamente gratuita. Il limite dei Grib è che non tengono conto dei fenomeni locali, dell'orografia e quant'altro, ma per il mare aperto li ritengo molto affidabili, come ho potuto sperimentare più volte. Ovviamente, in assenza di segnale Internet è impossibile scaricarli, quindi arriveremo in Calabria con il file di due giorni prima.
Insomma, i Grib vanno usati cum grano salis.
 
Bolina dura
La giornata trascorre tutta così, si balla parecchio, non si può fare molto, anche mangiare costringe a contorsionismi piuttosto complessi ed inoltre la tensione muscolare necessaria a mantenersi dritti non è un toccasana per l'appetito. Spizzichiamo un po' di salamino, qualche prugna, gli immancabili taralli, la cui scorta è stata nei mesi rimpinguata dagli ospiti che si sono succeduti a bordo. Nutriamo invece lo spirito, grazie allo strabiliante spettacolo di natura viva che viene offerto a nostro esclusivo consumo. Già, ci siamo solo noi a goderne, in giro non si vede anima viva, credo che le navi che si muovono tra Messina e Corinto seguano una rotta più meridionale della nostra. Solo ieri sera abbiamo incrociato una nave, ne vedevamo le luci, un po' strane fra l'altro, c'erano due fanali rossi a poppa, ma non appariva sull'AIS, lo strumento che segnala la posizione di tutte le unità commerciali. Infatti questa non era commerciale ma militare, lo desumiamo dalla sagoma nera che ci scorre veramente a pochi metri dalla prua, metri resi pochi dalla decisa poggiata che do quando appare chiaro che dalla plancia di comando se ne stanno fregando altamente di noi. Certo che almeno una voce sul VHF potevano darcela, dice Andrea che di queste cose se ne intende per ragioni professionali. Noi siamo regolarmente in ascolto sul canale 16 ma nè questo, nè l'AIS sono serviti a scongiurare una collisione, anzi uno speronamento di elefante contro una formica, quanto invece ha fatto l'intervento umano. Insomma, l'elettronica aiuta, ma un occhio conviene sempre buttarlo.
 
Gli ultimi raggi di sole
Verso le 5 del pomeriggio vento e mare calano leggermente, ma la nostra velocità aumenta in modo stratosferico, siamo sempre sugli 8  nodi, spesso intorno ai 9 , un paio di volte superiamo i 10. Avessimo il mare di poppa, sarebbe l'effetto delle surfate sulle onde, dato che invece ce l'abbiamo al mascone, penso che abbiamo agganciato una corrente favorevole che ci da benevolmente una mano e che noi volentieri accettiamo. Cerco sui libri che ho a bordo qualche mappa delle correnti stagionali dello Ionio, ma non trovo nulla di specifico quindi prendo per buona la spiegazione che mi sono dato. Poco dopo sento una chiamata sul VHF: Qui Circomare Roccella. Non è ovviamente per noi, ma una voce istituzionale italiana dopo tanti mesi fa piacere. Non resisto alla tentazione e li chiamo. Siamo a quaranta miglia da loro, le stazioni trasmittenti della Guardia Costiera hanno una potenza molto elevata, a differenza delle imbarcazioni che hanno apparati modesti, penso che probabilmente io ricevo loro ma non viceversa, invece arriva pronta la risposta, mi ricevono e anche discretamente. Bentornati in Italia, allora. Passa un'altra oretta e avvisto terra, ha fatto buio da poco, là in fondo vedo il contorno delle montagne e qualche lontanissima lucina sulla costa, c'è molta strada da fare ancora, ma ho la sensazione che il grosso è fatto. Me lo conferma anche l'osservazione della traccia sullo schermo del computer, una traccia che avanza lenta ma inesorabile, soltanto una piccola formica se allargo la visuale, un puntino infinitesimale, una briciola di pane persa fra la Grecia ed il nostro paese, ma una briciola viva, in movimento. La osservo e mi chiedo se affronterei gli spazi quasi infiniti degli oceani. A me navigare piace, voglio dire, non mi piace solo stare nella cala a fare il bagno, spostarsi per cercarne un'altra più bella e così via, no, a me piace proprio stare per mare. Certo, non sempre stare per mare è confortevole, spesso non si dorme o si dorme poco e male, specialmente navigando in solitario, tutto diventa scomodo e se ci si stanca non si può scendere. Mi chiedo: quanto tempo potrei resistere in questo modo? Una traversata atlantica da est verso ovest, in genere il primo assaggio di oceano per un europeo, dura circa venticinque giorni con una barca normale, non da regata, l'idea non mi ha mai esaltato troppo, troppe miglia, troppi giorni e, per quanto a detta di molti sia una traversata piuttosto facile, più di una volta ho incontrato persone con esperienze tutt'altro che rilassanti. Insomma, per il momento non se ne parla.
 


Temporale in arrivo
A sera il vento molla e arrivano alcuni nuvoloni neri su nel cielo, arriva pure qualche goccia, cerco i segnali di un temporale che fortunatamente non vedo, dico ad Andrea di avvisarmi nel caso accadesse e me ne vado a dormire un po' perché mi sento piuttosto stanco e assonnato. Ci alterniamo con turni di due o tre ore, siamo entrambi abbastanza elastici, poi l'alba ci annuncia il nostro terzo giorni di navigazione. Abbiamo doppiato Capo Spartivento, stiamo costeggiando la punta dello stivale, il mare si è calmato quasi completamente, finalmente posso calare di nuovo la traina mentre Andrea fa il suo turno di riposo. Andrea russa e fin qui nulla di strano. Andrea russa molto forte e anche qui nulla di strano o di insopportabile dato che ciascuno ha la sua cabina. Andrea, però, russa con la stessa frequenza del mulinello della traina e questo mi fa scattare un paio di volte fuori dal tambuccio a recuperare un pesce che purtroppo non c'è. Poi però, mentre sono fuori in pozzetto, capita che il pesce abbocca davvero, il mulinello parte all'impazzata come non l'ho mai visto fare, fermo immediatamente Piazza Grande e inizio a chiudere delicatamente la frizione della traina per metterla lentamente in tiro. Un tiro che è veramente potentissimo, appena accenno a serrare il mulinello la canna si piega tutta all'ingiù. Recupero parecchi metri di lenza, poi il pesce parte in verticale sotto la chiglia fino a che si slama senza che io sia neanche riuscito neppure a vedere che pesce fosse. Ci rimango veramente male, anche perché ho agito in modo veramente delicato, senza la minima forzatura, senza mai fare nulla che potesse strappare la preda dall'esca artificiale.
Insomma, si vede che era destino.
 
Lo Stretto di Messina
Mano mano che ci avviciniamo allo Stretto di Messina, il vento riprende a soffiare con sempre maggior forza, ovviamente lungo il senso del canale, costringendoci quindi a bordeggiare. Siamo partiti di bolina, abbiamo traversato di bolina, arriviamo di bolina. La bolina è bellissima a patto di avere mare piatto e massimo quindici nodi di vento, nonché di protrarla per non più di poche ore. In mancanza di anche una sola di queste caratteristiche, la bolina è una discreta seccatura. Dato che non abbiamo alternative, ci mettiamo di buzzo buono, come si dice a Roma, e lemme lemme, come si dice credo dappertutto, ci avviciniamo a Reggio Calabria. L'idea è di fare tappa qui, passare la notte in tranquillità e l'indomani entrare in Mar Tirreno. L'alternativa sarebbe Messina, c'è un bel marina, nuovo e ben gestito, che però ha due difetti: si balla al passaggio dei traghetti e costa, ed io in Grecia ho sviluppato una terribile allergia al pagamento dell'ormeggio. Il porto di Reggio, invece, è brutto, puzza di fogna in modo indicibile ed ha una banchina altissima per una barca da diporto, però l'anno scorso ci sono stato gratis, quindi è su di esso  che a furor di equipaggio cade la scelta. Entriamo, avvertiamo la CP che ci dice di metterci sul molo di ponente che però è pieno di barchini, allora andiamo su quello di levante, banchinato a misura di transatlantico e grazie ad uno scandinavo ormeggiato che gentilmente ci prende le cime riusciamo ad ormeggiarci anche noi. Rispetto all'anno scorso il porto di Reggio Calabria è ancora più brutto e puzzolente, c'è una risacca terribile che ci impedirebbe di dormire senza il rischio di sfracellarci sulla banchina, guardo Andrea e gli dico: ma ce l'ha ordinato il dottore? Bye bye scandinavo, non siamo scemi che ti abbiamo scomodato per poi ripartire dopo dieci minuti, è che purtroppo qui proprio non si può stare.
Insomma, benvenuti in Italia, anzi, nei porti italiani, dove c'è sempre una buona ragione per non ormeggiare.
  
Il pilone ormai in disuso
Nello Stretto di Messina mi sento veramente a casa e di casa, vuoi perché ormai l'ho percorso a vela diverse volte, vuoi soprattutto perché qui per molti anni sono venuto in vacanza da piccolo con i miei e qui conservo ancora alcuni amici di infanzia. Ad uno di essi, Enzo, non manco mai di fare visita quando navigo da queste parti. Abita a pochi chilometri dalla città, quasi sul mare, io mi ancoro proprio davanti casa sua e lui puntualmente mi invita a cena, mi offre di fare il bucato, mi accompagna a fare la spesa, eccetera. L'anno scorso appena mi ha visto mi ha chiesto se avevo bisogno di una doccia, ed io avevo addosso solo un giorno di mare. Oggi che ne ho tre, al fine di evitare antipatici spargimenti olfattivi in casa d'altri, mi do una bella lavata sulla spiaggetta di poppa prima di telefonargli per sentire se c'è. La prima volta che ho fatto lo Stretto a vela mi sono documentato, ho cercato le tabelle di corrente, ho chiesto a persone del posto. Alla fine ho capito che per una barca moderna Scilla e Cariddi sono un ostacolo tutto sommato modesto e stavolta mi ci infilo dentro senza aver avuto il tempo di informarmi di nulla. Credo che abbiamo preso una giornata di stanca, tutto è regolato dalle fasi lunari, avanziamo spediti bordeggiando fra le due sponde e non ho mai la sensazione di aver agganciato correnti favorevoli nè sfavorevoli. Solo all'altezza di Villa San Giovanni, dopo una virata per smarcarci dai mille traghetti, guardo la traccia sul GPS e mi accorgo che abbiamo disegnato un cerchietto, in pratica nel poco tempo in cui abbiamo perso abbrivio per la vira, siamo stati ributtati indietro di qualche metro. Enzo mi conferma telefonicamente che stasera sarà in casa, di solito quando mi metto alla fonda viene a prendermi con il suo gozzo, ma è giorno lavorativo, non è proprio il caso di scomodarlo a tal punto, gli do appuntamento in spiaggia, e quando diamo ancora armiamo il tender per prepararci allo sbarco. S'è ormai fatta notte e c'è onda, proviamo a mettere il motore ma il rischio che cada in mare è veramente alto, lasciamo perdere, andremo a remi. La scena è di quelle che restano impresse, solo noi davanti ad una spiaggia buia, su un battellino di due metri, in una mano ho il remo e nell'altra una torcia con cui illumino per farmi vedere, casomai passasse qualche altro folle come noi. A pochi metri dalla battigia ci prepariamo alla sbarco, uno sbarco che l'onda rende un po' problematico, i Navy Seals americani o i Marò San Marco sicuramente sono meglio addestrati di noi a queste situazioni, perchè appena siamo con la prua a riva il tender si traversa e finiamo in acqua mentre tentiamo di guadagnare la riva. Perfetto, tanto è soltanto notte e fa freddo, che importa se stiamo con i vestiti zuppi addosso! Saluto Enzo, il tempo di scambiare due chiacchiere, poi rimettiamo a mare il battellino e torniamo a bordo prima di rischiare il cimurro.
Insomma, occhio agli sbarchi.
 
L'alba
Dopo tre giorni pieni di mare siamo piuttosto stanchi e poco disposti a dedicarci alla cucina, un piatto di pomodori e cetrioli e un po' di salamino ci bastano per placare l'appetito, il problema, piuttosto, è che si balla un po', ma di rimetterci per mare non abbiamo per niente voglia, almeno un paio d'ore di sonno sono indispensabili, rollio o meno. Andrea, m'appisolo un attimo, poi quando mi sveglio se c'è ancora onda penso io a salpare, tu continua pure a dormire. Questo a mezzanotte circa, quando riapro gli occhi c'è il sole in cielo, sono le otto passate ed io mi sento proprio bene. Esco fuori, la coperta è tutta incrostata di sale, Piazza Grande mostra i segni della lunga navigazione, anche lei avrebbe bisogno di una piccola sosta, fosse anche solo per una sciacquata con acqua dolce. Ma il tempo è tiranno, tra pochi giorni devo essere a Palermo per un raduno di amici appassionati di lettura, ho promesso di esserci, apro le vele e di nuovo la prora solca l'onda, di nuovo  sono vivo.
Insomma, questa la mia traversata dello Ionio 2013 verso ovest!

11 commenti:

  1. Bella traversata, e sulla rotta più lunga quindi.
    Piccolo rimprovero però: le foto! :)
    B.V. Capitano e bentornato in Italia!

    n.d.r. secondo me però si stava meglio in Grecia a zonzo per l'Egeo che qui........

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  2. Ops...non lo so! Misteri di Google-Blogger :))
    Mi sembrava strano che non ci fossero foto....

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  3. ecco, reggio calabria e' troppo anche per un navigatore che ha passato qualche notte ...navigando, non riesce ad essere accogliente, capisco che le cose sono anche, se era possibile, peggiorate rispetto a 6 7 anni fa. anche per noi fu troppo, preferimmo la se pur squallida, ma almeno con un certo fascino per essere proprio dentro lo stretto, baia di perdimele

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  4. Ciao Luciano, come sarebbe che hai venduto la macchina? Vuol dire che verrai ad Arezzo in treno e ti porterò a Caprese io la prossima volta! Facciamo Novembre? ;-)
    ps: e buon rientro!

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    1. Robi, venduta... non ce l'ho più! Per Caprese, mi resta solo l'opzione che dici tu! :-)

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  5. Veloce e languido. Ci agganci, ci traini velocemente, poi rallenti. Come vittime ci prestiamo ai tuoi umori, alla tua poesia narrativa; salvo poi di corsa rovesciarci, di quà e di là, come i mille oggetti nei cassetti di PiazzaGrande, mentre parte l'ultima strambata.
    Abbraccio,,,, Maurizio.

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  6. Bello luciano, bello come sempre bv
    Pietro

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  7. bentornato Luciano! ....bentornato? mah, qui la situazione è in continuo peggioramento e, quel che è peggio, ci mancheranno i tuoi bei racconti di mare, vela e terra.
    Ciao, Augusto

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